Il "Bello" in pubblicità

Come si può realizzare ed allo stesso tempo come si può fondere il ruolo della bellezza e quello dell'efficacia nel mondo della pubblicità che ormai ha una storia lontana nel tempo. Estrapolazione di obiettivi della pubblicità e della comunicazione aziendale. L'intervento riportato è di E. Pirella.

"E' abbastanza brutale, ma il compito principale della pubblicità è quello di convincere, non di essere bella. Bisogna creare una specie di attitudine positiva nei confronti del prodotto, e quindi rappresentare attorno ad esso un mondo di riferimento con dei suoi propri valori che siano convincenti per le persone alle quali ci rivolgiamo. Esiste anche un modo bieco per ottenere tutto ciò, ma ritengo che sia meno efficace, oltre che scorretto. La pubblicità ha inoltre la specificità di essere ripetuta. A differenza di tutte le altre forme di comunicazione aziendale, dove le cose avvengono una sola volta - un articolo esce un solo giorno sul giornale ecc. - la pubblicità viene ripetuta un numero di volte molto alto. Non c'è dubbio che, se possiede al suo interno delle intelligenze, delle raffinatezze, delle ironie, dell'implicito, del non detto, la ripetizione diventa una cosa piacevole, perché ogni volta che vedi uno spot riesci a scoprirci un elemento in più. Questo è appagante e convincente, riesce a creare un rapporto molto più profondo e molto più affascinante tra il prodotto e il possibile consumatore. Questo aspetto estetico è sicuramente uno degli obbiettivi che la coppia creativa (copywriter art director) cerca sempre di raggiungere. Quando dico "estetico", però, non intendo alludere alle presenze femminili scosciate e cose del genere, elementi che non appartengono né a me né a tutti i pubblicitari dediti alla creatività che si riconoscono un po' nelle cose che faccio e che ho fatto, e che comunque non vengono mai apprezzati nei festival internazionali della pubblicità. La mia agenzia ha avuto la fortuna - per quattro anni di seguito - di vincere al Festival della Pubblicità di Cannes, mai però con quei lavori di comunicazione che normalmente si intendono come pubblicità, ossia con le donne in costume da bagno, con i bei ragazzi, con la famiglia sorridente, con la positività mistificante raccontata come una specie di oltraggio verso quella che è la nostra reale esperienza."
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